Come creare l’ambientazioni in cui vivono i tuoi personaggi in un romanzo di narrativa contemporanea.
- Isabella Pojavis
 - 21 ott
 - Tempo di lettura: 7 min
 

L’ambiente è parte fondamentale della storia o la accompagna?
Scegliere dove ambientare un romanzo o un racconto è una decisione tanto importante quanto quella di creare i protagonisti o di definire la trama.Il luogo non è mai solo un “fondale” statico: può diventare voce narrante, specchio dei personaggi, motore degli eventi.
Pensiamo a Il Signore degli Anelli: la Terra di Mezzo non è un semplice scenario, ma un universo vivo che influenza le scelte di Frodo, Bilbo e dei loro compagni. I paesaggi, le montagne, i boschi e persino i villaggi hanno un’anima e un ruolo preciso. Senza la Terra di Mezzo, quelle avventure non potrebbero esistere.In un genere come il fantasy, infatti, il luogo è parte integrante della storia: serve a rendere credibili eventi e creature che appartengono all’immaginazione.
Ma quando si scrive narrativa contemporanea, come nel mio caso, il luogo assume una funzione diversa.Non serve tanto a “spiegare” l’impossibile, quanto a dare realismo e profondità a situazioni, relazioni, stati d’animo.
Immaginate che io vi dica:
“Sono andata in vacanza in un posto di mare, bellissimo e con le palme da cocco.”
È una frase vaga, che non trasmette immagini precise.Se invece aggiungo:
“Sono stata alle Maldive, tra le palme da cocco e un mare trasparente come vetro,”
all’improvviso riuscite a visualizzare la scena, a sentire il calore, il profumo di salsedine, il rumore delle onde.Anche se non siete mai stati alle Maldive, potete immaginarle — perché fanno parte di un immaginario condiviso, costruito da foto, racconti, film.
Ecco il punto:il luogo aiuta il lettore a orientarsi dentro la storia, a fidarsi di chi la racconta.Una narrazione senza coordinate spaziali o troppo vaghe rischia di sembrare “sospesa”, difficile da vivere davvero.
Quando l’ambiente è la storia
In alcuni casi, il luogo non si limita ad accompagnare gli eventi: diventa parte della trama stessa.
In Cime tempestose di Emily Brontë, la brughiera inglese riflette la passione e la furia dei protagonisti: è selvaggia quando loro lo sono, silenziosa quando si separano.
E in Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, San Pietroburgo è lo specchio dell’anima malinconica del protagonista: la città, con le sue strade deserte e le sue luci sospese, racconta la sua stessa solitudine.
In Il libro delle case di Andrea Bajani, ogni abitazione è una tappa dell’identità del protagonista: le stanze diventano metafora delle fasi della vita e dei diversi “sé” che si abitano e si abbandonano.
In questi esempi, il luogo non accompagna la storia: la genera.
Quando invece l’ambiente accompagna
In altri casi, il luogo ha un ruolo più discreto ma altrettanto importante.È lo spazio che ancora le emozioni, che dà credibilità alla narrazione.Un piccolo appartamento può diventare il simbolo della solitudine, un caffè affollato può rappresentare la confusione interiore, un giardino trascurato può dire più di mille parole sullo stato d’animo di un personaggio.
In sintesi, una storia ha bisogno del lettore per esistere.E il lettore ha bisogno di radici spaziali e sensoriali per sentirsi dentro quella storia.Un’ambientazione efficace — reale o inventata, precisa o evocativa — crea un legame di fiducia tra autore e lettore.Senza quel legame, anche la storia più appassionante rischia di scivolare via come un sogno confuso al risveglio.
Devo conoscere il luogo che descrivo o posso crearlo attraverso mappe e guide turistiche?
Ecco una domanda che molti scrittori si pongono.Nel mio caso, non sono mai stata alle Maldive (purtroppo, direi!) e quindi non ho esperienza diretta di quel luogo: non ho mai respirato la loro aria, né mi sono mai immersa in quel mare cristallino.Posso, allora, ambientare una storia alle Maldive senza esserci mai stata?
I pareri su questo tema sono diversi, ma la mia regola personale è semplice: scegliete sempre, almeno all’inizio, un luogo che conoscete.Un posto che avete vissuto, camminato, osservato.Credo che la storia nasca spontaneamente proprio da quei luoghi che ci appartengono, perché la memoria sensoriale — un odore, un rumore, la luce di una certa ora del giorno — è qualcosa che nessuna guida turistica potrà mai restituire con autenticità.
Scrivere di un luogo sconosciuto richiede molta esperienza: bisogna saper cercare le informazioni giuste, capire i ritmi di vita, le abitudini delle persone, i suoni del linguaggio.Altrimenti si rischia di costruire un ambiente che “sembra vero” solo in superficie, ma che manca di profondità.Per questo motivo, consiglio — soprattutto per i primi romanzi — di ambientare le storie in luoghi che conoscete bene, anche se piccoli o apparentemente poco interessanti: il quartiere in cui siete cresciuti, una casa di campagna, la città in cui avete studiato o un posto che visitate ogni estate.
Un esempio:
Se ambientate un racconto in un piccolo paese toscano che conoscete, saprete descrivere il profumo del pane la mattina o il rumore delle cicale al tramonto. Se invece scegliete la Scozia solo perché “vi ispira”, rischiate di scrivere frasi generiche come “la brughiera era avvolta nella nebbia” — che suonano bene, ma non trasmettono nulla di personale.
Naturalmente, non è vietato ambientare storie in luoghi mai visitati.Si può fare — ma serve metodo. Si può studiare mappe, leggere reportage, guardare documentari o parlare con chi ci vive.Per esempio, autori come Ken Follett o Elena Ferrante riescono a farci sentire dentro un luogo anche quando ne mostrano solo frammenti, perché si sono immersi nella ricerca e nella coerenza dei dettagli.Quindi sì, si può scrivere anche “da lontano”, ma richiede più lavoro e attenzione.
Mi è successo, però, di scrivere romanzi dove l’ambiente restava “vago”, non definito.In Profumo di cannella, per esempio, non si parla mai esplicitamente di una città o di un paese.Era una scelta precisa: volevo che la storia tra le due sorelle, con le loro complicità e i loro contrasti, potesse appartenere a chiunque, ovunque.
Quella relazione poteva svolgersi a Napoli, la mia città, ma anche a Madrid o a Vilnius.I dettagli sarebbero cambiati — il cibo, la lingua, il ritmo della vita — ma il nucleo emotivo della storia sarebbe rimasto lo stesso.E infatti, quando il libro è uscito anche in Spagna, nessuno mi ha chiesto:
“Ma dove si svolge esattamente la storia?”Al contrario, molti lettori hanno detto di riconoscersi nelle esperienze raccontate, nonostante provenissero da luoghi lontani.
Questo mi ha confermato che a volte l’assenza di un luogo preciso può diventare universale, purché le emozioni siano vere.
In conclusione, una volta scelto dove si svilupperà la storia, il mio consiglio è questo:muovetevi in territori che conoscete bene.Vi eviterà non solo ore di ricerche, ma anche errori che scoprirete troppo tardi — magari quando un lettore del posto vi scriverà per dirvi che “in quella via non c’è nessun caffè con i tavolini fuori”.
E, soprattutto, scrivere di luoghi reali che conoscete può diventare un ottimo motivo per viaggiare.A volte basta spostarsi di pochi chilometri o passare un pomeriggio nella casa di un amico per trovare lo spazio perfetto in cui far muovere i vostri personaggi.
In fondo, i luoghi che scegliamo di raccontare sono sempre anche un po’ noi.
Come descrivere il luogo una volta scelto?
La cosa migliore è utilizzare pennellate leggere, come un pittore che accenna i tratti principali e lascia che sia l’immaginazione del lettore a completare il quadro.
La storia può cominciare con una breve descrizione del luogo, delle case, di una strada o di un punto chiave per gli eventi. Per esempio:
“La piazza era quasi deserta, le serrande abbassate e solo un bar all’angolo con le luci ancora accese sembrava resistere alla notte.”
Oppure, il luogo può non essere mai nominato in modo diretto, ma emergere attraverso le azioni o i pensieri dei personaggi:
“Uscendo dal bar vidi che, come sempre, a Milano c’era molto traffico.”In questo caso il lettore capisce dove siamo e che tipo di città è — rumorosa, caotica — senza che l’autore lo spieghi in modo esplicito.
In generale, credo che meno parole valgano più di tante: le descrizioni troppo lunghe rischiano di appesantire la narrazione. Per questo, spesso preferisco la seconda tecnica, quella del “Show, don’t tell” (“mostra, non descrivere”).
Quando, invece, scegliere la prima tecnica, quella più descrittiva?Quando vogliamo che il luogo diventi parte della storia, un’estensione dell’animo dei personaggi, quasi un loro “alter ego”.
Un esempio classico è Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, dove la San Pietroburgo notturna riflette la malinconia e la solitudine del protagonista.In Il libro delle case di Andrea Bajani, invece, le abitazioni attraversano la vita del narratore e diventano la mappa della sua identità.
Ricordiamoci che ambientazione non è solo luogo, ma anche clima, suoni, odori, luce, terreno.Un fiume che scorre con il suo sciabordio può accompagnare il lettore non solo visivamente ma anche acusticamente; un temporale improvviso può cambiare il tono di una scena, portando tensione o malinconia.
Pensiamo, per esempio, a Orgoglio e pregiudizio: quando Lizzy Bennet è costretta a restare chiusa in casa per la pioggia, l’atmosfera umida e grigia riflette la sua inquietudine interiore e l’attesa di un incontro che potrà cambiare tutto.Allo stesso modo, una giornata di sole può diventare metafora di rinascita:
“Dopo settimane di vento e sabbia, finalmente il mare tornò calmo e il profumo del sale sembrò restituire colore alle cose.”
Consigli pratici per creare una buona ambientazione in un romanzo di narrativa contemporanea
Mostra, non spiegare: lascia che il luogo emerga dai gesti e dai sensi dei personaggi.
Osserva e prendi appunti: quando viaggi — anche solo a pochi chilometri da casa — annota profumi, suoni, condizioni meteorologiche, sapori, edifici, insegne, nomi delle strade.
Usa vecchie fotografie o ricordi per recuperare l’atmosfera di un posto vissuto.
Scegli nomi reali se scrivi narrativa contemporanea. Inventa luoghi solo se scrivi fantasy o fantascienza.
Se vuoi creare un senso di mistero o spaesamento, ambienta la storia in un luogo vero ma poco conosciuto: una frazione di montagna, un quartiere dimenticato, un paese sul confine.
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